domenica 31 gennaio 2010

dicono di noi

Con piacere copio questa recensione di Claudia, un’amica enologo come me che lavora alle cantine Intesa.
Donna di vino, diplomatasi al Cerletti come me, un po’ più grande di me, conosciuta in Vinix.
Ho avuto l’idea di spedirle dei campioni del vino 2008, rispettivamente il Prosecco, il Bianco Campagne 29 (alias Tocai) ed il Merlot, per sapere che ne pensava da collega a collega, se erano vini “fatti coi sacri crismi”, e soprattutto per capire se stavo e sto facendo il mio lavoro fatto bene.
Quello che sto cercando di costruire è una mappa di giudizi e pareri soggettivi ed oggettivi.
Il parere soggettivo è: mi piace, non mi piace; incontra il mio gusto, non incontra il mio gusto.
Il parere oggettivo è: è un vino sano, non lo è; è strutturato o meno; è completo o manca.
Questo perché ci tengo a fare le cose fatte bene, perché credo che se una cosa è fatta bene è anche più piacevole alla vista, al gusto e a tutti gli altri sensi, e fare questa ricerca mi porta a migliorare me stessa e i nostri prodotti.
Potrei usare le schede di degustazione, ma in questa fase di partenza (mia e dei nostri vini) mi interessa più capire se il prodotto incontra o meno il gusto di chi lo assaggia, sia esso professionista o semplice bevitore.
Forse vado controcorrente, ma sposo la citazione di Claudia che “il vino è fatto per essere bevuto in momenti conviviali, apprezzato nel consumo quotidiano”.
Ecco quindi un pezzo della sua recensione, la potete trovare interamente con i vari commenti qua su Vinix e qua su Facebook.



"In questi giorni di totale delirio apro il pc di casa e trovo la mail di Carolina Gatti che in questo ultimo anno ho scoperto con piacere avere un sentire enologico molto simile al mio, che mi chiede se mi poteva mandare qualche bottiglia di sua produzione, così per confrontarci, per scambiare pareri.
Ovviamente ho detto SI e qualche giorno dopo è arrivato il pacco con le bottiglie .
Avrei potuto fare la degustazione professionale, usare la scheda di valutazione degli enologi e dei sommelier che utilizzano nei concorsi enologici, oppure completare una ruota di descrittori .
Ma il vino è fatto per essere bevuto in momenti conviviali, apprezzato nel consumo quotidiano e così ho fatto.
L’occasione conviviale è arrivata domenica scorsa in un pranzo fra amici a casa mia: tortelli di patate come primo, lepre in salmi ed ossobuco come secondo, patate al forno e insalata russa come contorno, la compagnia di amici era delle migliori, di quelle che apprezzano il buon vino el il buon cibo.
Mi sono dimenticata di essere un enologo che vive e mangia dal mondo del vino, e sono diventata Claudia che ha ricevuto un regalo da un’amica e che non capisce nulla di descrittori e di temperature di degustazione.
Ho aperto il pacco con curiosità e sono rimasta piacevolmente colpita dalla semplicità delle etichette che ho riportato, immediate che vanno dritte al cuore, quei due gatti sono molto sornioni...
La prima bottiglia è il Prosecco IGT ‘sur lie’ prodotto della migliore tradizione trevigiana; Carolina nella scheda tecnica suggerisce la decantazione in caraffa visto che l’affinamento in bottiglia sui lieviti causa un leggero deposito ed intorbidamento.
È meglio bere un po’ di precipitazione proteica, tartrato di potassio e di calcio , oppure è meglio degustare una soluzione di gomma arabica, meta tartarico e carbossimetil cellulosa?.
Io personalmente non l’ho scaraffato e ce lo siamo goduto nella sua fragrante sapidità.
Il Tocai mi ha piacevolmente stupito: l’iniziale riduzione all’apertura ha lasciato ampio spazio ad una pienezza di corpo che non mi aspettavo di trovare, poca teconologia e tanto tanto territorio.
Ogni cantiniere, enologo, produttore ha le sue ‘ bestie nere’ enologiche, il vino ‘che avrebbe voluto fare’ ; la mia bestia nera è il Merlot che non sempre riesco a rendere equilibrato .
La bottiglia di Merlot (la terza che Carolina ha voluto omaggiarmi)l’ho bevuta tutta io con la lepre al salmi. Nel Merlot di Carolina ho trovato tutto quello che stavo cercando da questo vitigno: Frutto, freschezza e giusto corpo.
I vini di Carolina sono stati per me una gran bella emozione, gradevoli, con un approccio onesto, senza infingimenti.
Grazie Carolina di avermeli fatti conoscere"

sabato 30 gennaio 2010

Il podere di Daniele.

Oggi vi parlo di un amico, un amico scrittore, a cui avevo proposto di fare una specie di intervista sul suo primo libro. Tale amico in quanto speciale mi ha risposto così:

“Per quanto riguarda invece la recensione del mio libro mi piacerebbe fosse fatta da te, con il tuo stile duro e puro, crudo ed essenziale ma sincero... parla del mio libro come se dovessi descrivere un bicchiere di vino, stabilisci prima se è un vino nero oppure un vino bianco, definisci poi a quale qualità appartiene e poi descrivine sia i pregi che i difetti.
Sono sicuro che di te mi posso fidare... un abbraccio Daniele”.



Chi è Daniele? Prima di tutto un amico.

L’amicizia con Daniele risale alla sua “prima vita”, ovvero a quando era giovane, aitante, figo, bello e desiderato dalle donne, strafottente, e secondo me parecchio sicuro di se.
A quando entrava nell’osteria dove lavoravo chiedendo un havana cola, ma “con l’havana 7 mi raccomando”; o un prosecchino che “fosse quello del momento”.
D'altronde io avevo 18 anni e lui credo già 30 suonati ed una vita a “tutta birra” piena di morose, locali alla moda, un’azienda avviata e viaggi per il mondo
Il nostro rapporto è sempre stato un po’ d’amore e di odio, intesi come sentimenti contrastanti: della serie nessuno dei due era ben convinto dell’altro.
Poi un giorno è successo che Daniele ha iniziato la sua “seconda vita” di uomo paralizzato in seguito ad una lesione vertebrale, evento che ha sconvolto la sua vita e quella di chi gli ruotava attorno.
È proprio su queste due vite che si articola il suo primo libro “il mio podere” edito dal Gruppo Albatros Il Filo: Daniele alterna un capitolo della sua prima vita ad uno della seconda, raccontando le sue vicissitudini di uomo a cui è stata cambiata la vita in un attimo.

“…Esistono alcune circostanze nella vita delle persone il cui verificarsi può seriamente condizionare il prosieguo della loro stessa vita, modificandone in tutto o in parte gli orientamenti…Ognuno di noi, guardando al passato, troverà sicuramente un punto, o un episodio, che hanno definito una svolta, oltre alla quale qualcosa è cambiato rispetto al vissuto precedente”.
“…si tratta di un attimo…di una circostanza…l’essere in un certo posto in un determinato momento, e quasi sempre non si tratta di un momento fortunato…“.
Circostanze o attimi che possono salvarti la vita o sconvolgertela rendendola completamente nuova come il caffè sulla camicia che ti fa perdere 5 minuti per metterne una di nuova.
“Il mio podere” è un libro scarno, reale, un libro che racconta la vita di Daniele prima ragazzo, poi uomo di successo, poi uomo in una sedia a rotelle.
Racconta bene la vita di un paese come Ponte di Piave, la gente che lo abita, i luoghi di ritrovo, l’amicizia sincera.
Un libro che ho letto tutto d’un fiato, commuovendomi perché dopo l’incidente ero andata solo una volta a trovare Daniele, preoccupata per lui come tutti; una visita che mi aveva sconvolta perché ascoltando le parole che diceva, non le diceva il Daniele “di una volta”.
Solo dopo aver letto il libro ho avuto la forza di andare a trovarlo di nuovo, vedendo il Daniele di una volta maturo e nuovo. Un Daniele che non si è soffermato alla “disgrazia” o alla tragedia personale, ma che ha deciso di continuare a vivere.
Detto questo, se devo descrivere il libro di Daniele come se fosse un vino, direi che è un buon bicchiere di raboso invecchiato: potente, tannico e acido quel che basta, pieno di profumi maturi, rosso rubino. Un vino che col tempo può solo migliorare.
Vi invito a leggerlo, ma soprattutto vi invito ad andare a trovare Daniele: troverete una persona speciale che vi offrirà un buon bicchiere di prosecco del suo podere.
E a te Daniele posso solo dirti grazie, non solo per il libro, ma per la splendida persona che eri e che sei diventato.

mercoledì 20 gennaio 2010

la bambina e lo scrittore




''Sono con molta soddisfazione nella nuova casa, tra due giardini, bella, ampia, la prima vera casa o home della mia vita. Sono contento ''.

Ecco come descriveva Goffredo Parise all'amico Alcide Paolini nel luglio del 1984 la sua nuova dimora.
Pur frequentando il mio paese, Goffredo da pochi mesi era venuto ad abitare nella casa di Ponte di Piave: la sua malattia e le cure che doveva fare per stare meglio avevano fatto si che vendesse la Casa delle Fate situata nella golena del Piave a Salgareda, per ripiegare nella casa che aveva pensato per la sua vecchiaia già dal 1958.

Parlare di Goffredo per me è parlare di un ricordo di bambina, quando uscendo da scuola mi capitava di vederlo nel suo giardino, immerso nei pensieri che solo un adulto ha.
Oppure sentire fatti della sua vita raccontati da Orfeo o da Guido, amici e confidenti della sua vita e memoria.
Ma soprattutto parlare di lui è immergersi nelle cose che ha scritto, sia da giornalista: Cara Cina, Due, tre cose sul Vietnam, Biafra, New York, L'eleganza è frigida; che da scrittore con i Sillabari e l’ultima opera, L’ Odore del Sangue.


Lascio la mia casa di Ponte di Piave, sita in via Verdi n. 1 al Comune di Ponte di Piave alle seguenti condizioni:
a) Il Comune di Ponte di Piave dovrà farne una casa di cultura intestata a mio nome e si caricherà di tutti gli oneri inerenti la manutenzione.
b) La casa dovrà essere custodita e avere una targa così concepita: “Casa di cultura Goffredo Parise” per studi. Poiché lascio la casa con tutto quanto contiene (mobili, libri, quadri, eccetera) essa, a giudizio del Comune potrà essere aperta ed eventualmente ospitare studiosi delle mie opere
c) Il Comune approva che le mie ceneri siano sepolte sotto la statua che sta nel giardino dove sarà posta una piccola lapide in marmo...


Con queste parole Goffredo lascia per sua volontà la sua abitazione al comune di Ponte di Piave e nasce così la Casa di Cultura Goffredo Parise , che promuove la figura e l'opera dello scrittore veneto e ne cura l'archivio personale che comprende autografi, carteggi, articoli a sua firma e recensioni delle sue opere.
La casa si può visitare dal lunedì al venerdì dalle ore 14.30 alle ore 19.00, escluso il mercoledì in cui l'orario è dalle ore 16.00 alle 22.00






NB: foto prese dalla rete, nella prima Gofredo è nella casa delle fate, davanti, sotto ad un albero; nella seconda si vede il comignolo della casa delle fate. La casa suddetta è a Salgareda, l'ultima casa che ora è biblioteca è a Ponte di Piave .

venerdì 8 gennaio 2010

una mostra a mio avviso interessante



Castelfranco Veneto non è nella zona del Piave, però è la mia seconda patria in quanto città del mio amore.
Oltre a questa piccola parentesi ha dato i natali a Giorgio Zorzi detto il Giorgione (un quadro che mi affascina di questo pittore è La Tempesta), uno dei più importanti interpreti del Rinascimento, e per festeggiare i 500 anni dalla sua scomparsa ha organizzato una grande mostra significativa, ospitata nella Casa Museo Giorgione fino all’11 aprile 2010.
Del centinaio di opere presenti, solo una dozzina si possono attribuire alla figura misteriosa ed enigmatica del pittore, è possibile vedere “faccia a faccia” La tempesta, Il tramonto, Le tre età dell’uomo, la Prova di Mosè e la Madonna con Bambino.
Accanto a queste ci sono opere di Giovanni Bellini, Cima da Conegliano , Sebastiano del Piombo, Perugino, Palma il Vecchio, e parecchi volumi di letterati, musici e intellettuali dell' ambiente veneziano dell’epoca al quale pare abbia attinto il Giorgione.
In occasione della mostra ci sono molte offerte, promozioni e pacchetti per visitare un po’ tutta la marca gioiosa et armoniosa, dal mare alla collina e perché no passando pure per la montagna.
Si va dai pacchetti soggiorno negli hotel convenzionati dal Consorzio Turistico della Marca (una notte costa 96 euro a persona in hotel di lusso, 53 euro in hotel 4 stelle e da 38 in 3 stelle o b&b, inclusi nel prezzo: ricca colazione a buffet, l'ingresso alla mostra con visita guidata e uno sconto per i musei e le ville aderenti al gruppo “Isola dei musei”, di cui fanno parte gli artisti del cossiddetto Triangolo d'Oro - Canova, Palladio e Giorgione -); ai fine settimana con soggiorni a tema per tutti i gusti: con Sapori Veneti si va alla scoperta delle delizie lungo la Strada del Vino; Giorgione e le lanterne canoviane è il tour proposto tra i luoghi simbolo dei due maestri veneti; Bollicine di Prosecco è il weekend di degustazioni enologiche; Fuga di lusso punta invece a qualche giorno di relax e benessere.

Siete amanti della cucina? Nei ristoranti e nelle osterie che espongono sulla porta il logo di Giorgione, significa che c'è un menu speciale, naturalmente "giorgionesco". Il "piatto unico Giorgione" costa 15 euro a persona, il menu di quattro portate con vini in abbinamento, 35 euro.
Senza fare troppa strada potete andare al Teatro dei sapori, proprio nel centro di Castelfranco davanti al teatro propone menù a km zero.
Cercate piatti della tradizione veneta? Andate da Giulio e Moreno all’ Osteria con Cucina Pironetomosca, allestita in una vecchia cascina a Treville (frazione di Castelfranco), si assaggiano i piatti della nostra tradizione fatti con prodotti biologici e stagionali. Si mangia con 25-30 euro, vini esclusi.
Cercate pesce? Barbesin potrebbe fare al caso vostro.
Insomma, a Castelfranco Veneto ce n’è per tutti i gusti, se poi desiderate vedere anche altro avete la possibilità di andare ad Asolo, a Treviso, a Conegliano, ad Oderzo, a Venezia: belle cittadine, belle cose da vedere, ottimo cibo e vino. Tutto quello che si può desiderare da una mini vacanza nella marca gioiosa et armoniosa.

lunedì 4 gennaio 2010

Aspettando il panevin



Il PANEVIN si celebra la notte del 5 gennaio e le sue origini sono sicuramente antichissime, sembra che questa usanza risalga ai riti celtici: essi infatti accendevano dei fuochi per ingraziarsi la divinità relativa e bruciavano un fantoccio rappresentante il passato, fu poi influenzato dalla fede cristiana che ne ha voluto vedere il mezzo per illuminare la via ai Re Magi che si erano smarriti.
Originariamente celebrava col fuoco il solstizio d’inverno che, secondo il Calendario Giuliano, cadeva il 25 dicembre; tale evento coincise in seguito col giorno della nascita di Gesù ed infine fu spostato di 12 giorni alla vigilia dell’epifania.
Simboleggia la speranza e la forza di bruciare il vecchio (non a caso si può bruciare la "vecchia" posta sopra la pira di legna) e la direzione delle scintille viene letta come presagio per il futuro: in Veneto se si dirigono verso est ci sarà buona sorte nei mesi a venire, se si dirigono verso ovest sarà tempo per andare in cerca di fortuna.
Si noti allora il proverbio se le fuìve le va a matìna, ciòl su'l sàc e và a farina; se le fuìve le va a sera pàn e poènta fa piena a caliera ("se le faville vanno a oriente, prendi il sacco e va a farina; se le faville vanno a occidente, pane e calderone pieno di polenta").
Mentre il falò ardeva, i contadini in cerchio gridavano e cantavano varie formule augurali. Il rogo viene talvolta benedetto dal parroco con l'acqua santa e lo scoppiettare del fuoco veniva identificato con il demonio infuriato che fuggiva.
Il panevin è composto da un cumulo di tralci secchi, sterpaglie, legna e quant’altro un tempo era inutile e destinato ad essere bruciato; può essere alto fino più di 10 metri, con la base circolare con diametro 7 - 8 metri.
Spesso sulla sommità del panevin viene posto un fantoccio dalle sembianze di una vecchia signora, chiamata "vecia" responsabile di tutti i malanni e sfortune dell'anno appena passato.
Il rito dei fuochi è anche un momento in cui la comunità si raccoglie per stare in compagnia. Viene accompagnato dalla degustazione di vin brulè e di pinza, focaccia tipica di questa festa e cotta talvolta tramite gli stessi roghi. Attualmente, per l'occasione possono venire organizzati spettacoli pirotecnici.

Parlare di PANEVIN per me è dire della mia famiglia.
Da quando sono nata ho sempre partecipato al panevin che costruiva mio papà a casa nostra, prima da osservatrice bambina in cui ogni catasta mi sembrava una montagna, poi col passare degli anni anche da costruttrice aiutando.
Fare il panevin significa bruciare i “cavi” della vite, residuo delle potature invernali che sono stati seccati dalle intemperie che in qualche modo scacciavano anche le disgrazie dell’anno passato per accattivarsi quelle dell’anno nuovo.
Fare il panevin significa soprattutto ritrovarsi in compagnia, guardando la catasta che brucia e intonando la canzone propiziatoria per far si che i sacchi siano pieni di farina, e poi bere un buon bicchiere di “brulè” e mangiare una fetta di pinza o di salame fresco cotto sempre assieme.
Il nostro panevin una volta veniva fatto mettendo i tralci secchi con la forca: mio papà e i suoi amici iniziavano il giorno prima dell’accensione e su col lavoro di forca, accatastando bene il tutto attorno ad un palo di solito di acacia.
Ora usiamo un ragno per poter essere più veloci e poi quando questo non arriva più su si prosegue a suon di forche.
Non so mai che altezze abbiamo raggiunto, mai quelle mostruose di certe cataste altissime, però i 10 metri si, con bei diametri.
Poi c’è la preparazione della “veccia”, ovvero il fantoccio: usiamo una tuta da lavoro vecchia, riempita di fieno o paglia, fatta che sia bella cicciona e poi addobbata con scarpe vecchie, un ombrello, un reggiseno vecchio, qualche scatola di panettone di carta vuota, un cappello…. Non c’è limite alla fantasia, poiché questa operazione viene fatta assieme ai bambini che abitano vicino a casa mia e si sa che la loro fantasia è grande.
Quando il mucchio è fatto si attende con impazienza il momento in cui lo si accenderà, operazione che verrà fatta dal bimbo più piccolo presente assieme ad un adulto, sempre come segno di qualcosa che continua. L’attesa è fatta di tanti giri attorno a casa per controllare che nessuno gli dia fuoco prima di noi, sia mai!
Infine eccoci: acceso!! E vai di canti, risate, petardi, a volte qualche fuoco d’artificio fino a quando il fuoco non riscalda la faccia fin quasi a bruciarla, e poi festa in taverna fino a quando non ci si stanca.
Tra la gente che fa festa con noi ci sono anche le mie zie che assieme a me preparano la calza per le bambine più piccole che ho come vicine di casa: due piccole pesti che il giorno seguente resteranno a bocca aperta vedendo penzolare sotto la cappa del camino della stufa a legna un paio di calze ripiene di dolci, tutoli di pannocchia, noci, nocciole, mandarini, carrube, fichi secchi.
Calze ripiene di regali che si facevano una volta, quando non si era ricchi come oggi.
Regali preparati dalle zie con gli occhi brillanti, come se fossero loro stesse bambine.
Evviva il PANEVIN!!!!

El pan e vin
‘a vecia su pal camin
‘a magna i pomi còti
‘a me ‘assa i rosegòti.
Poénta e figadèi
Pà i nostri tosatèi.
El pan e vin
A pinza sul larìn
A pòenta sua gàrdea
E viva a vecia meneghèa
Co tre puldi in scàrsea!
El pan e vin
A vecia sul larin
A luganega sua gàrdea
Evviva a vecia meneghèa
Co tre puldi in scàrsea!!

venerdì 1 gennaio 2010

Anno nuovo, idee nuove

Innanzitutto buon anno a tutti, che possa portare a tutti voi amici quello che desiderate, sapendo che per ottenerlo dobbiamo rimboccarci le maniche noi stessi, lavorando più sodo di quanto fatto fino ad ora. O forse semplicemente farlo in maniera diversa.
L’anno che è passato è stato per la nostra azienda un anno molto proficuo dal punto di vista delle cose fatte: il lavoro in campo ci ha portato l’impianto di un nuovo vigneto, la cura di quelli esistenti e belle soddisfazioni con la vendemmia 2009.


In cantina abbiamo deciso di osare sperimentando nuove strade nella vinificazione, mettendo anche una piccola partita del supremo Raboso Piave ‘08 in barriques esaurite (perché il signor Raboso va domato, non stravolto).Ci siamo lanciati nell’avventura dell’adunata degli alpini di Latina, dove abbiamo conosciuto persone con una carica umana e di simpatia davvero impagabili, e nell’avventura di proporre il nostro nettare in una terra stupenda come l’Umbria.

Abbiamo creato questo blog, perché pensiamo che possa essere uno strumento che può farci conoscere in maniera interattiva meglio di un sito, mostrando tutte le sfaccettature della nostra azienda e delle persone che la compongono.

Continuiamo la nostra crescita assieme a Vinix e alle persone che interagiscono con noi con questo straordinario social network perché riteniamo che il confronto tra produttori/consumatori/distributori/giornalisti/bloggher sia il modo migliore per migliorare noi stessi e il nostro lavoro, per farci crescere come azienda e perché no trovare nuovi amici.

Ci siamo fatti un gruppo della nostra azienda su facebook per poter avvisare tutti i nostri amici delle novità in tempo reale…. Insomma un bel lavoro di crescita che può solamente continuare al meglio.

Pensando al nuovo anno ci aspettano ulteriori ed interessanti sfide, consapevoli - perché sperimentato - che il lavoro di gruppo potrà farci uscire vincitori un’altra volta.
Quindi all’opera! :)