martedì 23 novembre 2010

soddisfazioni inglesi #2


Martedì 23 novembre ho scritto:
prossimamente scriveremo.momentaneamente siamo un pò full.

Oggi, 15 dicembre vi linko quello pensa Jamie Goode del nostro Raboso igt.
Mi pare che son soddisfazioni :)

ps: foto di Jamie Goode

mercoledì 17 novembre 2010

Una piacevole conoscenza.


Metti che, complice una degustazione in zona la sera prima, tu possa ospitare a casa tua una persona conosciuta nel web; metti che questa persona sia una che “il prosecco non è proprio nelle mie corde….”; metti che gli crei anche un minievento ad hoc… ecco che nasce #colfondo1bis, ovvero un colfondo per Ziliani ( assente giustificato a #colfondo1).
Ebbene si, ce l’abbiamo messa tutta per “convertire” il buon Franco e a dire il vero non è servita nemmeno tanta spinta.

Martedì ci siamo ritrovati noi col fondisti in azienda Gatti per comodità ed abbiamo organizzato una degustazione dei nostri prosecchi. Dopo le chiacchiere di conoscenza, bicchiere alla mano abbiamo declamato, ognuno con dovizia di particolari, i nostri vini mentre Franco annotava.
L’ho osservato con cura e devo dire che ha riempito ben bene il suo block notes di storie di vino e di uomini: con gentilezza dava il via ad ogni produttore, chiedendo con curiosità, ascoltando di racconti di terra, pendenza, altezza, vitigni, lieviti, lavorazioni e quant’altro.
Non sto qui a scrivere di degustazioni, lo farà lui nel suo nuovo blog, mi interessa descrivere il clima della giornata, che è passata velocemente in maniera davvero inaspettata.

Ci siamo addentrati nelle degustazioni, questa volta 5 bicchieri a testa, così da comparare zone e vini… (si eravamo 8, però 3 non ce l’hanno fatta a venire e mi spiace tanto, però ci siamo accordati per un mini-tour dei mancanti appena ricapiterà in zona perché pareva brutto lasciargli le bottiglie degli assenti senza che avessero modo di spiegare le loro creature); per smezzare avevo fatto dei grissini di pane con il feccino di un travaso di proseco nuovo che pare siano stati molto apprezzati (leggere bruciati!!! Dalle bocche non dal fuoco per fortuna).
Alla fine della degustazione abbiamo avuto il piacere di assaporare una soppressa della Selezione Zanotto, che col prosecco colfondo è eccezionale e finire di fare le nostre chiacchiere degustando l’arancione e la nuova creatura di Costadilà e il Raboso nostro.

Che dire? Mi pare che sia stata riuscitissima, che ci siamo divertiti in maniera ludica e che abbiamo sfatato al buon Franco l’idea che il Prosecco non sia nelle sue corde: lo è, eccome!!! Lui pensava che “tutti i prosecchi si assomigliassero e che assomigliassero al classico spumante da aperitivo...” Nono!Questi sono prosecchi-colfondo-mangia-e-bevi!

Evviva il popolo dei col fondisti, evviva il territorio, evviva noi produttori, evviva il colfondo!!!

QUA LE FOTO

martedì 9 novembre 2010

L’alluvione vista da qui…. Quasi un altro 66

A Ponte di Piave, come dice il nome, passa il Piave.

Ho fatto questa cartina per far capire come siamo posizionati riguardo al fiume: spalle alla cantina, alla nostra destra abbiamo la ferrovia Treviso-Portogruaro che passa a meno di 1 km in linea d’aria, alla nostra sinistra abbiamo la S.S. Postumia che collega Treviso a Portogruaro distante circa 1,5 km. Davanti a noi abbiamo il centro del paese e di conseguenza anche l’argine di contenimento del Piave.

Tutto questo per dire che si, forse da noi l’acqua non arriva… NO, arriva e anche veloce.

L’acqua da noi arriva eccome se l’argine si rompe come nel 1966, esattamente se prendiamo come riferimento quell’annata, qua ci sono 2 metri di acqua.

Il Piave nel 1965, precisamente a settembre, aveva dato segnali preoccupanti lambendo la sommità degli argini; il 4 novembre del 1966 alle 22 e 30 ha rotto quegli stessi argini riversando nelle campagne milioni di metri cubi di acqua.
Fortunatamente ha rotto tutti e due gli argini, sennò saremmo stati sotto di boh… 4 metri?

Papà si ricorda bene quei giorni del prima-durante-dopo, si ricorda lo scirocco dei giorni prima e ricorda le ricognizioni sopra all’argine, i sacchi riempiti con la sabbia per tentare di contenere quello che sarebbe stato l’incontenibile, l’acqua che “gli correva dietro” mentre con la bicicletta tornava a casa, che le alluvioni vengono sempre di notte, che l’acqua sente la luna.
Papà si ricorda di quello che ha salvato: un armadietto della cucina con il gas, la bombola, e due pacchettini di minestrina; l’uvetta sotto grappa (queste cose portate al secondo piano in velocità dalle sorelle); una vitellina piccola già svezzata portata anche quella nel solaio; il cane e il gatto che nel solaio ci sono andati da soli.
Erano in quel solaio mio papà, mia nonna, 2 zie, una vicina incinta e le sue 2 figlie piccole, il cane, il gatto e la vitella, si parlavano poco tra bestie bambini e grandi.
Si sono parlati con il vicino, marito della donna incinta, dai balconi di casa prima urlando, poi parlando normale che tanto il silenzio regnava sovrano.
Si ricordano bene l’acqua che sembrava mare ed il gusto dell’uvetta centellinata data alla Patrizia che era la più piccolina, la vergogna di dire alle persone mandate con una barca a vedere come stavano che “non serviva niente, abbiamo abbastanza” e quell'abbastanza era un pugno di minestra fatta con un pò di dado e l'acqua della cisterna sopra al tetto di casa..
Perchè eravamo poveri di sostanza, non dentro, nell'anima... ed orgogliosi di non chieder niente a nessuno, mai.

Si ricorda bene quando l’acqua ha iniziato a defluire e sono apparsi gli animali gonfi di acqua: vacche, maiali, polli, cani “di non si sa chi”; il fango limoso che ha sommerso tutto, che si è portato via un pezzo di quel ricovero accanto alla casa, che non ha fatto più andare bene la bcs che sega l’erba. E le pulizie dentro casa e fuori.
Avevano perso tutto il perdibile nel 1966, e agli occhi del ragazzo ventenne che era mio padre è rimasto impresso bene il disastro; come la bontà del parroco che gli ha regato un giubbotto rosso e nero arrivato dalla croce rossa (lo stesso che ha Luigi lo Cascio in una scena della Migliore Gioventù quando sono in una Firenze alluvionata) e l’aiuto di stato che si è tradotto in una manza per la stalla.

Questo era il ‘66.

Questo è il Piave il 2 novembre 2010, 44 anni dopo in una foto fatta dai vigili del fuoco che sorvolano il ponte.


L’ho postata in fb ed alcuni amici si sono spaventati per l’acqua che non è uscita, ma che era allo stesso livello del ‘66, perchè casa nostra è in basso a dx della foto ma non appare in foto.

In quei giorni, ma anche ora a dirla tutta che piove, il mio pensiero è andato spesso a come poter mettere al sicuro quello che abbiamo ora che son passati 44 anni. Non si tratta più della bcs (che poi esiste ancora ed è funzionante sempre non al massimo), ma di trattori; non si tratta più del mobiletto della cucina ma di bottiglie, botti con vino, scatoloni, attrezzi vari. Non si tratta di poche cose ma di tutto quello che ha una famiglia nel 2010: frigoriferi, congelatori, pc, documenti ecc.

Ho pensato che dal ‘66 è cambiato poco: noi siamo sempre nello stesso posto, con la ferrovia e la statale che fanno da argini ed in un “buco” dove l’acqua arriva a 1,80 di altezza. Dove non c’è nessuno sfogo per l’acqua perché li hanno chiusi tutti.
Non ho fatto il conto degli ipotetici danni, perché non mi fascio la testa prima dell’ora, però capisco bene chi ha perso tutto tra Vicenza, Padova e Verona.E capisco la loro dignità di rimboccarsi le maniche, la stessa dignità che nel 66 avevano i miei compaesani quando l’allora Presidente della Repubblica Saragat venne in visita al paese.
Papà non lo vide, c’era da pulire e riordinare il disastro… la stessa cosa che fanno dove hanno avuto tutta quell’acqua.

Un altro ‘66 per il momento è stato schivato, almeno qui, ma questo non significa abbassare la guardia: serve prevenire.

Gatti che amano i libri e libri che amano il vino.


La famiglia Gatti è una famiglia di lettori: Lorenzo d’inverno legge almeno 1 ora e mezza prima di cena, dopo aver potato o dopo aver preparato i rametti di salice puliti che poi serviranno per potare; Renata legge prima e dopo cena, e si diletta con parole da cercare a destra, sinistra, su e giù in quei cruciverba; Lino passa da Max a libri di potatura, viticoltura, enologia, guide varie; io leggo qualsiasi cosa: dai libri ai cartelli stradali, ai biglietti del treno.

Domenica siamo stati una delle 4 aziende presenti presso la Libreria Lovat di Villorba, aziende selezionate dal nostro distributore Les Caves de Pyrene.
Questo giro il mattatore dell’evento è stato Lino, che si è districato con passione tra un bicchiere di Prosecco sur lie e uno di Raboso, accogliendo i numerosi visitatori che erano incuriositi sia dai libri mischiati alle bottiglie, che dai vinili che passavano in sottofondo, che dai produttori che spiegavano con passione i loro figlioli.

La passione che ha la famiglia Lovat per la cultura in ogni sua forma è disarmante: hanno sempre presentazioni di autori, hanno creato questa sorta di caffè, ora anche wine bar, dove ci si può sedere, consumare qualcosa e leggere qualche libro, in santa pace. Insomma è il luogo che io adoro con l’aggiunta di quello che mi piace: libri+vino= mia felicità.

mercoledì 3 novembre 2010

#Colfondo1: come divertirsi ed imparare giocando.


Ebbene si, sono stata a #colfondo1 e me ne vanto: una bellissima giornata con bella gente, buoni vini e buon cibo..

Il mio resoconto di seguito.

Ci siamo trovati alla Locanda Baggio alle 10 e 30 del mattino e subito c’è stato fermento nel preparare le ultime cose: i sacchetti con la terra, le schede di degustazione alla moleskine per chi era senza carta, le bottiglie per il pranzo.

Alle 11 e 15 sono iniziate le danze: la presentazione di Davide Cocco di Studio Cru è seguita ad una descrizione-interpretazione della terminologia Colfondo fatta da Stefano-vate-Caffarri. Io il Caf non lo conoscevo, però lo leggo da mò. Beh, vederlo li che camminava, con sti fogli in mano a mò di slide spiegando la terminologia di colfondo devo dire che mi ha affascinata parecchio. Qua potete vederlo grazie alla ripresa del buon Dan.

Dopo questa presentazione dell’evento siamo passati alla presentazione delle aziende: ci siamo schierati 2 a 2 in base alla zona e giù a dire di noi.
Tra le cose da segnalare il fatto che Raffaele Follador di Casa Coste Piane abbia detto che tra noi col fondisti ci sono degli enologi, quindi persone che sanno scegliere come agire in cantina (se con lieviti selezionati o indigeni ed altre pratiche utili o meno) e delle persone che desiderano sperimentare; Silvano Follador ha invece spiegato bene cosa vuol dire il colfondo nel nostro territorio, ovvero tradizione da sempre: prima fermo, poi come risposta agli spumanti, per non tralasciare che in ogni casa delle 4 zone è pratica normale offrire un bicchiere di colfondo agli ospiti.

Finalmente verso le 11 e 30 abbiamo iniziato la degustazione: 3 prosecchi a tornata, serviti senza un ordine particolare e serviti mescolati. Subito ci sono stati commenti ed equiparazioni tra i vini: tutti scrivevano impressioni su profumi, su gusti, su limpidezza e grana del perlage; un bel confronto tra vini, zone e considerazioni lanciate sui metodi di vinificazione. E soprattutto il gioco-caccia ad indovinare di chi era il tal vino, o la zona.

I campioni serviti nel’ordine:

  1. Gatti Lorenzo (Piave) ebbene si, il nostro. Quando l’hanno servito l’ho riconosciuto subito a naso, poi in bocca mi sono detta che era troppo “spumeggiante”… poi al riassaggio mi son detta che no, era in nostro. È partito chiusissimo, poi col passare del tempo si è aperto dimostrando com’è. Che dire, sono fiera del mio-nostro- bambino, anche se come sempre fa quello che vuole sia in bottiglia che nel bicchiere. Mandorla e persistenza.
  2. Costadilà (Conegliano). Impossibile non riconoscerlo: il suo colore carico, il suo gusto da filtrato dolce… sempre un buon bicchiere, anche se personalmente ho riscontrato degli odori lattei un po’ troppo forti per i miei gusti.
  3. Casa Coste Piane (Valdobbiadene). Il piacione, perché mi piace tanto. Leggermente meno torbido dei primi due, ha sparati un’acacia spettacolare, seguito poi da fiori di campo.

    La seconda tornata è partita con:

  4. Biondo Jeo (Asolo). Molto somigliante al 1, in bocca è secco, pieno e caldo.
  5. La Bassetta Donadi Maurizio (Piave). Banana sparata all’inizio, ananas, frutta secca e tropicale… per un attimo ho pensato che fosse fatto con lieviti selezionati e l’ho anche quasi scambiato per quello dopo..
  6. Bele Casel (Asolo).l’ho assaggiato 6 mesi fa e devo dire che è migliorato: sentori di banana, giusto equilibrio in bocca, forse un po’ troppo alto come gasatura.

    La terza ed ultima tornata

  7. Frozza (Valdobbiadene). Buon perlage, profumi di fiori, leggera banana, gusto pieno.
  8. Zanotto (Conegliano). Anche qui banana, fiori, acacia, in bocca giusto equlibrio tra acidità e corpo

Che dire? Non c’è stata la proclamazione di un vino “più buono o vincitore”, c’è stato il riconoscimento delle 4 zone in maniera piuttosto netta, qualcuno ha giocato all’indovinachi e io mi sento una granfiga ad aver imbroccato 5 produttori su 8 (e che non mi si venga a dire che sono di parte e che conosco i vini, è ben risaputo che sono una cippalippa nei giochini a trova il vino).

Personalmente ho avuto una domanda abbastanza persistente in testa: che fossero tutti vini da lieviti indigeni o anche no? Nel senso: le banane sparate a mille erano banane indigene? Oppure banane da lieviti selezionati? E le acidità? Erano frutto della natura e dei terreni o c’era qualcosa di più?

La mia curiosità sarà soddisfatta quando andrò a trovare i produttori per bermi una sano bicchiere di prosecco colfondo!

#colfondo1 su:

Appunti diGòla

Intravino

Bele Casel

Proiezione

Cromobox

Soavemente

Il pane fatto con il lievito del #colfondo grazie a DanielaSenzaPanna

Il pranzo fatto alla Locanda Baggio


le mie foto